giovedì 26 novembre 2009

Pavana per la discreta polizia francese

Come un popolo di danzatori tribali, stavano i quattro CRS intorno al sacrificato, un ragazzo tra i 15 e 20 anni, scuro di pelle, probabilmente magrebino, vestito con scarpe comode tipo skater, una blusa a scacchi neri e bianchi e dei pantaloni larghissimi tenuti su dai fianchi ossuti e null'altro. Come una truppa di uccelli rapaci i quattro apocalittici poliziotti iniziano a turbinargli intorno, esponendolo a un fuoco di fila di richieste:

"Vos papiers s'il vous plait"
"Vous etes originaire de quel pays?"
"Vous parents sont en France dépuis longtemps?"
"Vous faites quoi comme boulot?"
"Quel Lycée, quel arrondissement?"
"Vous habitez où?"
"Pourquoi vous prenez ce métro à cette heure-là?"
...

Intanto passiamo io, una signora ingombrante e variopinta dal passo cadenzato, un uomo sulla quarantina in trench nero e scarpe appuntite, una giovin pulzella biodiccia con l'ipod silurato nelle orecchie. Nessuno ci dice niente, nessuno ci impedisce di passare. Arrestando il passo, inizio a sentire la voce del ragazzo che illustra i suoi diritti. Avrà scavalcato? Avrà perso il biglietto? O forse è potenzialmente pericoloso? No, è solo uno che si faceva i cazzi suoi e rientrava a casa con l'ultima corsa. E allora mi viene in mente Le dernier métro, l'occupazione tedesca di Parigi raccontata da Truffaut; Catherine Deneuve e Gérard Depardieu che celermente si avviano all'uscita della metropolitana, nell'accorato tentativo di non essere visti, sorpresi, interrogati. Una vita rinchiusi in un sottoscala ad aspettare la modificazione degli eventi. Ma qui non siamo in un sottoscala, siamo in superficie o poco al di sotto. Salgo sul vagone, non prima di aver rivolto un ultimo, affettato sguardo alla coda del treno, per vedere se gli avvoltoi abbiano o no compiuto l'opera. Le nuove "rames" della linea 2 hanno una voce registrata che scandisce ogni fermata due volte: "Belleville".........."Belleville" (la prima volta con tonia vagamente discendente, la seconda, invece, più verso l'alto). Rimetto orpelli e ombrelli nella borsa, seguo il flusso dei viaggiatori verso i corridoi che portano alla linea 11. Appena girato l'angolo, il ragazzo con la blusa a quadri e i pantaloni calanti stava lì a selezionare col dito le canzoni da ascoltare sul lettore, con le cuffie ben piantate nel cervello. Gli avvoltoi non hanno avuto fame, forse la preda sentiva già di morto.

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